Nell’articolo precedente sul business plan abbiamo introdotto l’argomento, spiegando l’utilità e le caratteristiche principali di questo documento. In questa seconda parte ci dedichiamo ad approfondire le 4 fasi principali che lo compongono, con tanto di esempi e formule.
Insieme, infatti, vedremo:
- Il conto economico previsionale
- Lo stato patrimoniale previsionale
- Il rendiconto finanziario previsionale
- Lo stress test
Il conto economico previsionale
Il conto economico previsionale, presentato nello schema a margine di contribuzione che riportiamo nel seguito, isola alcuni importanti aggregati che richiedono un’adeguata programmazione:
Quale grandezza prevedere per prima?
La risposta più ovvia è quella di ritenere che si debba muovere dalla previsione dei ricavi. Tuttavia, risulta molto più semplice partire con la pianificazione dei costi!
In particolare, lo schema del conto economico che abbiamo presentato sopra distingue i costi fissi, i costi operativi scollegati dal livello della produzione e che pertanto l’impresa dovrà sostenere a prescindere dall’andamento dell’attività, e i costi variabili, quei costi il cui ammontare varia in relazione all’andamento del valore della produzione.
Costi fissi e costi variabili
Normalmente i costi fissi sono i più semplici da prevedere data la loro caratteristica di rigidità. Tra i costi fissi si collocano, ad esempio, il costo del personale e gli emolumenti, i canoni di locazione e di leasing, i servizi di consulenza, i costi assicurativi nonché gli ammortamenti.
Negli anni di previsione tali costi possono essere mantenuti costanti; tuttavia, per prevederli in maniera adeguata, è necessario conoscere ex ante il disegno del futuro dell’impresa.
Infatti, è necessario prestare attenzione alle evoluzioni previste nel processo di planning; crescite progressive possono creare necessità di far crescere anche i costi fissi, i quali possono subire degli incrementi “a scalini”.
Per esempio, a fronte di decisioni relative all’ampliamento della capacità produttiva, al fine di sostenere un prefissato livello di produzione potrebbe essere necessario prevedere il sostenimento di maggiori costi del personale e di dover sostenere costi per l’affitto di un fabbricato industriale.
I costi variabili, invece, hanno la caratteristica di modificarsi sulla base dei volumi di vendita e di produzione.
Un criterio con cui possiamo prevederli è quello di isolare la relativa incidenza percentuale sul valore della produzione atteso e determinarli in relazione al valore assunto da tale grandezza. È vero che non abbiamo ancora determinato il valore della produzione; tuttavia, in un’impresa già operativa il peso dei costi variabili su tale grandezza tende a mantenersi costante a meno che ci siano stati dei particolari shock che hanno impattato significativamente sui medesimi.
Come calcolare il margine di contribuzione
Dopo aver determinato i costi variabili e i costi fissi, un’altra grandezza economica da determinare è il margine di contribuzione (Mdc) che misura quanto contribuisce ogni singolo euro di vendite realizzate, al netto dei costi variabili che gli competono, a coprire i costi fissi aziendali.
Il Mdc calcola la differenza tra valore della produzione dell’azienda e i relativi costi variabili.
Di norma, se si tratta di un’impresa già avviata che non prevede particolari cambiamenti futuri, il margine di contribuzione dovrebbe mantenersi al livello desumibile dagli anni antecedenti l’orizzonte temporale previsionale.
In merito poi ai costi finanziari e fiscali, essi saranno correlati analiticamente alle fonti di finanziamento a breve e lungo termine definite in sede di previsione patrimoniali, mentre le imposte stanziate devono essere determinate sulla base dell’aliquota fiscale Ires (di norma pari al 24% del reddito ante imposte) e Irap (di norma pari al 3,9% del reddito ante imposte) dell’impresa.
Non ci resta, infine, che determinare il valore della produzione che dipende dalle attese future dell’impresa; tale valore può essere determinato ponendolo pari al break even point ovvero il punto di pareggio della medesima che corrisponde al livello minimo di valore della produzione che l’impresa deve realizzare per coprire i costi e le uscite finanziarie fisse.
Si pensi a questo semplice esempio:
- Costi Fissi operativi a conto economico = € 100.000 (di cui 10.000 € rappresentati da ammortamenti su macchinari)
- Imposte stanziate a conto economico = 7.500 €
- Flusso di cassa fiscale dell’esercizio (saldo e acconto) = 12.000
- Quota capitale e interessi annua sul finanziamento macchinari (servizio annuo del debito) = € 18.000
- Margine di contribuzione = 33,33%
Di primo acchito potremmo determinare il solo punto di pareggio economico operativo (prima di interessi e tasse quindi) utilizzando la formula che segue:
Tuttavia, avremmo coperto i soli costi che costituiscono la gestione caratteristica dell’impresa, tra cui gli ammortamenti, ma non gli esborsi derivanti dal rimborso del debito rappresentati dagli interessi passivi e dalle quote capitale dei mutui e dei finanziamenti. Raggiungere il solo pareggio economico non basta in quanto il vero vincolo di un’impresa non è la copertura dei “costi” fissi bensì delle “uscite” finanziarie fisse. Ad esempio, gli ammortamenti sono per antonomasia un “costo” a cui non sempre corrisponde un’uscita. Nel calcolo del Break-Even Finanziario dobbiamo tenere conto dei soli costi che producono delle uscite di liquidità nonché di tutti quegli esborsi che non transitano a conto economico, quali quelli relativi alle quote capitale dei mutui e dei finanziamenti.
Le “uscite finanziarie fisse”, sulla base del precedente esempio, diverrebbero quindi 100.000 – 10.000 + 18.000 + 12.000 = 120.000 e di conseguenza il BEP finanziario il seguente:
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Lo stato patrimoniale previsionale
Le grandezze di stato patrimoniale su cui prestare attenzione in sede di previsione sono quelle desumibili dal prospetto di stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio della pertinenza gestionale come vedi in questo schema:
Per ciò che attiene gli attivi immobilizzati fissi netti, rappresentati dalle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, è necessario predisporre un piano investimenti che rifletta il progetto dell’impresa, da cui scaturiranno delle scelte relative alle modalità di finanziamento, nonché la necessità di pianificare eventuali manutenzioni e investimenti di rimpiazzo.
Nel caso in cui l’impresa detenga partecipazioni o crediti finanziari verso altre società, si deve procedere allo studio dell’evoluzione attesa di tali investimenti nonché delle società partecipate di cui dovrà essere dato conto nel business plan.
Passiamo ora alla pianificazione degli attivi correnti.
In particolare, le voci che richiedono attenzione sono principalmente:
- I crediti attesi verso i clienti
- Il magazzino materie prime e merci
- Il magazzino prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e prodotti finiti
I crediti verso la clientela dipendono dalla durata delle dilazioni concesse ai clienti e dall’aliquota iva da applicare per determinare l’importo complessivo dei crediti.
Per determinare il valore dei crediti verso clienti è possibile adottare quale stimatore la formula inversa del calcolo dei giorni di rotazione del credito commerciale (anche noti quali DSO ovvero Days Sales Outstanding) come segue:
E pertanto:
Per ciò che riguarda i magazzini materie prime e merci è necessario prestare attenzione ai tempi di consegna dei fornitori, ai lotti minimi di riordino, nonché all’assorbimento di risorse da parte del ciclo produttivo.
In particolare, per determinare il magazzino materie prime sarà possibile adottare a ritroso la formula del calcolo dei giorni magazzino materie prime o merci (anche noti quali DIO – Days Inventory Outstanding):
In tema di magazzino materia prima dobbiamo poi tenere in dovuta considerazione, il ciclo operativo di acquisto ovvero il tempo necessario al riordino ed al fornitore per approntare l’ordine. Il magazzino materie prime e/o merci non è figlio solo delle esigenze produttive dell’impresa ma soprattutto dei suoi fornitori.
Nel caso del magazzino prodotto finito è possibile sfruttare, invece, a ritroso la formula del calcolo dei giorni magazzino prodotto finito (anche noti quali DSI – Days Sales of Inventory) che segue:
In particolare, per la stima del c.d. costo del venduto occorre raccogliere le distinte base utilizzate per determinare il full cost dei prodotti contabilizzati a magazzino e calcolare il costo del venduto annuo come somma di tali grandezze.
Tralasciamo per ora la voce delle disponibilità liquide. Scoprirete dopo il perché.
Passiamo alla previsione degli aggregati al passivo di stato patrimoniale!
La dotazione di mezzi propri è una delle scelte fondamentali all’interno del business plan in quanto in grado di fornire risorse finanziarie stabili non soggette a rimborso, la stabilità di tali risorse è ciò che le caratterizza rispetto al debito. Per un’impresa già avviata i mezzi propri sono costituiti dal capitale sociale, dalle riserve, tra le quali confluiscono gli utili di esercizi precedenti portati a nuovo e l’utile/perdita dell’esercizio in corso. Negli anni di previsione è possibile prevedere degli incrementi derivanti non solo dagli utili realizzati e non distribuiti bensì anche da eventuali apporti di liquidità da parte della proprietà.
La stima dei debiti verso fornitori, al pari di quanto esposto peri i crediti verso clienti, consiste nell’applicazione della formula inversa del calcolo dei giorni fornitori come segue:
È molto importante ai fini dell’affidabilità della previsione contemplare solo gli acquisti che godono di dilazione ed escludere quindi quelli per cui non è prevista, quali i costi delle utenze o relativi a servizi professionali.
La grandezza costituita dai debiti tributari netti è data dalla differenza tra i debiti e i crediti di natura tributaria correlati alle imposte Ires, Irap e IVA. Le imposte sul reddito imputate a conto economico saranno versate con il meccanismo del saldo e dell’acconto, originando differenze molto significative tra le imposte di competenza a conto economico e l’effettivo flusso fiscale. Pertanto, le imposte stimate a conto economico nell’anno di previsione confluiranno tra i debiti tributari al passivo dello stato patrimoniale e saranno saldate solo al momento della scadenza durante l’esercizio successivo. Per quanto concerne l’iva un’impresa generalmente:
- In sede di operazioni passive (in acquisto) dovrà corrispondere l’IVA ai propri fornitori di beni e servizi, maturando un credito nei confronti dell’erario;
- In sede di operazioni attive (in vendita) dovrà incassare l’IVA da parte dei propri clienti, maturando un debito nei confronti dell’erario.
Sarà necessario quindi stimare il saldo Iva al termine di ogni anno di previsione dato dalla differenza tra Iva a credito maturata e Iva a debito da corrispondere, che può rappresentare un attivo patrimoniale (credito Iva > debito Iva) oppure un passivo patrimoniale (credito Iva < debito Iva).
Per quanto concerne l’ammontare del debito finanziario dipende dalle esigenze di liquidità dell’impresa, in particolare il debito finanziario a breve è costituito dalle linee di smobilizzo di foglio commerciale (affidamenti per smobilizzo di foglio commerciale e affidamenti per elasticità di cassa pura) il cui valore è tendenzialmente correlato all’ammontare dei crediti commerciali mentre il debito finanziario a medio-lungo termine dipende dall’importo degli investimenti fissi ove l’impresa non utilizzi le proprie risorse per finanziarli.
Tuttavia, le esigenze di liquidità dell’impresa ce le rivelerà lo stato patrimoniale, una volta attribuiti dei valori a tutte le altre grandezze patrimoniali. Infatti, operando la differenza tra i passivi patrimoniali e gli attivi patrimoniali previsti si otterrà un valore che se positivo (attivi patrimoniali > passivi patrimoniali) rappresenterà una disponibilità di cassa di cui l’impresa godrà sulla base delle proprie previsioni da imputare all’attivo, al contrario qualora il risultato dovesse essere negativo (attivi patrimoniali < passivi patrimoniali) rappresenterà un deficit finanziario che la medesima dovrà coprire tramite l’indebitamento.
Il rendiconto finanziario previsionale
Il rendiconto finanziario previsionale riassume le entrate e le uscite di liquidità indotte dall’attività dell’impresa. Tale prospetto restituisce il surplus o l’eccedenza di cassa derivante dalle previsioni economiche e patrimoniali imputate in sede di redazione delle ipotesi economiche e patrimoniali. Lo schema di rendiconto finanziario redatto secondo il criterio gestionale permette di determinare il contributo o l’assorbimento generato da ogni gestione alla produzione di flusso di cassa come segue:
Da questo schema possiamo cogliere il surplus che l’impresa sarà in grado di produrre o il deficit di liquidità di cui avrà bisogno per il sostenimento dell’attività e dei propri progetti e quindi il reale andamento della medesima.
La fase finale: lo stress test
Una volta redatto il business plan, una fase molto importante è quella degli stress test che ti permettono di far variare le grandezze ritenute più “preoccupanti” durante lo sviluppo del modello.
Dal momento che il piano è necessariamente basato su alcune ipotesi, in questa fase finale è possibile testare la resistenza del piano rispetto ad alcune modifiche delle previsioni che sono alla base dello stesso.
Lo stress test, detto anche 'sensitivity analysis', si può fare modificando alcuni costi fissi oppure dei costi variabili.
La scelta non deve essere arbitraria, ma deve essere effettuata in base alle condizioni di mercato, al modello di business, al posizionamento competitivo dell’impresa, al particolare momento in cui viene redatto il piano.
Cosa potresti 'prevedere'?
- Uno shock sui tassi di interesse
- La difficoltà di incasso del credito commerciale
- Una contrazione del valore della produzione rispetto alle attese
Come abbiamo visto, costruire un business plan aziendale non è di certo una cosa da poco. È fondamentale seguire tutte le fasi che abbiamo descritto e compilarle nella maniera corretta per avere un quadro più possibile realistico della pianificazione finanziaria. Conto economico, stato patrimoniale, rendiconto finanziario e stress test diventano indicatori importanti per le decisioni di investimento e di pianificazione aziendale.
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A proposito di InFinance
inFinance è una società di formazione e consulenza specializzata in Corporate Finance, Controlling e Banking. Tutte le attività si caratterizzano per un approccio concreto, diretto e pragmatico. inFinance collabora con le principali banche e aziende italiane ed è, inoltre, attiva nello sviluppo e nella diffusione della cultura finanziaria attraverso video, working paper, articoli, libri e convegni.
A proposito della Dott.ssa Gessica Valsecchi
Analista finanziaria, consulente e advisor in materia di corporate finance in primarie realtà di impresa. Laureata in Management con curriculum in finanza aziendale si occupa di analisi e pianificazione finanziaria nonché di assistenza a studi legali in tema di contenzioso bancario. Dottoressa Commercialista in Brescia collabora con inFinance quale esperta in progetti di formazione digitale.