Una crescita esponenziale registrata negli ultimi due anni. Telegram, EOS e Burger King tra i casi più importanti.
di BeBeez
Da inizio anno e sino a fine settembre le ICOs nel mondo, secondo CoinSchedule, hanno raccolto oltre 20 miliardi di dollari; una crescita a dir poco esponenziale, considerando che in tutto il 2017 invece avevano raggiunto complessivamente 3,8 miliardi di dollari, dopo i soli 95 milioni del 2016.
Le ICOs (Initial coin offering) sono sostanzialmente operazioni di raccolta online di capitali per finanziare lo sviluppo di un nuovo progetto, in cambio di unità (token) di una speciale criptovaluta a un valore prestabilito.
Nella maggior parte dei casi le ICOs assumono le forme di campagne di reward crowdfunding, che cioé danno in cambio al popolo dei sottoscrittori (crowd) beni o servizi prodotti dalle aziende finanziate. Un esempio molto facile da comprendere è stato quello dello scorso anno di Burger King in Russia, che ha lanciato un programma di loyalty con cui forniva al cliente un buono, chiamato “Whoppercoin”, per ogni rublo speso. Questi buoni potevano essere poi redenti nei ristoranti Burger King per comprarsi per esempio un Whopper burger (per il quale ci volevano 1.700 Whoppercoin). Ma la Whoppercoin è tuttora una moneta virtuale, perché è emessa da Burger King, garantita da un sistema basato su blockchain e può essere scambiata (anche se ormai il suo valore è praticamente pari a zero). Queste monete sono, infatti, virtuali e possono essere messe in vendita online; a tendere si potrebbe creare così un mercato di Whoppercoin. La stessa cosa accadrebbe, per esempio, se si potessero vendere i punti Fragola dell’Esselunga. Nella maggior parte dei casi di ICOs, infatti, le monete emesse non sottendono diritti patrimoniali ma, semplicemente, danno la possibilità di acquistare i servizi offerti dalla startup stessa: per questo si tratta in fondo di campagne di reward crowdfunding.
L’ICO più grande, e non solo di quest’anno ma di sempre, è quella da ben 4,2 miliardi di EOS per finanziare il progetto della piattaforma block.one, con lo scopo di rendere accessibile la blockchain alle imprese, così da permettere loro l’utilizzo di tale tecnologia per le loro soluzioni di business. Con la sottoscrizione di questa ICO si ottenevano in cambio dei token, che erano proprio la nuova criptovaluta EOS.
Altri 1,7 miliardi di dollari li ha invece raccolti l’ICO di Telegram, ma solo nella fase della prevendita privata; la fase pubblica, invece, non è mai stata aperta. Il colosso dei social network fondato dal russo Pavel Durov si era prefissato un target di raccolta di 2 miliardi di dollari per sviluppare la futura piattaforma Telegram Open Network, che utilizzerà i token per i pagamenti interni degli utenti che avverranno con la nuova criptovaluta denominata Gram. Il potenziale lancio del wallet Telegram è previsto per il quarto trimestre di quest’anno, con il pacchetto completo di servizi che seguirà nel 2019.
Insomma, il punto è che ormai c’è l’imbarazzo della scelta per chi abbia il “fegato” di investire in criptovalute. Fegato, perché, “basta leggere i cosiddetti ‘white paper’ che accompagnano le offerte, l’equivalente dei documenti informativi, per farsi delle domande, visto che la lista dei ‘disclaimer’ è spesso lunga parecchie pagine e molte volte i documenti non consentono neppure di stabilire con certezza chi sia il soggetto emittente, né dove sia localizzato. Insomma, si va a fiducia. E questo perché sono innumerevoli i casi i cui, una volta terminate le ICOs, poi i promotori sono scomparsi nei meandri di internet senza lasciare traccia e gli investitori sono rimasti con un palmo di naso. Detto questo, c’è da aspettarsi che il mercato alla fine si autoregolerà e sosterrà le operazioni promosse da società già note sul mercato o da startup che hanno nella loro compagine sociale società quotate o fondi di venture capital”.
A guidare la classifica degli investitori attivi in questo settore nel mondo ci sono player del calibro di Sequoia Capital Andreessen Horowitz, Union Square Ventures, Mangrove Capital, Boost VC così come nuove realtà come Pantera, Hard Yaka, Blockchain Capital. Quanto ai Paesi che hanno ospitato più ICOs, Stati Uniti, Svizzera e Singapore rimangono i principali hub global; tuttavia, negli ultimi mesi, il Regno Unito e Hong Kong hanno guadagnato terrano. In Asia, Singapore è il principale hub ICO, seguito da Hong Kong, mentre Isole Cayman e British Virgin Islands si classificano tra i migliori Paesi per le ICO in termini di volume, ma soprattutto in quanto hanno ospitato gli unicorni EOS e Telegram. Ci sono tuttavia anche altri i Paesi, non noti per essere grandi mercati finanziari, che appaiono tra i migliori per le ICO, come Estonia, Lituania e Israele (per una disamina approfondita, si veda l’ultimo report sulle ICOs di Criptovalley e PwC).
Nel mondo si alternano interventi che vanno da chiusure preventive drastiche in attesa dell’emanazione di norme, come in Cina, a prese di posizioni ufficiali degli organi di vigilanza, come quello della SEC negli Usa, che è entrata nel merito delle emissioni di token quando possono essere assimilati a dei veri e propri titoli. In Svizzera, intanto, la Swiss Financial Market Supervisory Authority ha rilasciato delle linee guida per la regolamentazione delle ICO, sollecitata dal numero sempre crescente di ICO con sede proprio nel Paese Elvetico. FINMA suddivide i token dei progetti in tre categorie: mezzi di pagamento, crediti e strumenti finanziari. Malta, in particolare, sta puntando davvero tanto sul settore tanto che Binance, il più grande exchange di criptovalute al mondo per volume di scambi, ha siglato nei giorni scorsi con il “Malta Stock Exchange” un protocollo d’intesa per costruire una piattaforma regolamentata di trading per i security token. Con l’obiettivo di cavalcare i nuovi progressi del fintech, la Borsa di Malta ha infatti costituito MSX PLC, una piattaforma sussidiaria specifica per le risorse digitali: la nuova piattaforma di trading prevede di offrire la possibilità di negoziare titoli azionari sia tradizionali che digitali, side-by-side su un’unica interfaccia.
In Italia non ci sono ancora stati pronunciamenti normativi organici, ma un’interpretazione fiscale è comunque possibile. La denominazione di “criptovaluta” non è sicuramente sufficiente per identificare il trattamento fiscale applicabile a ciascuna di esse; è invece indispensabile analizzarne la natura giuridica, e stabilire se rappresentino mezzi di pagamento piuttosto che non crediti di qualche genere (finanziari o in natura, come anticipi per prestazioni di servizi), oppure addirittura compartecipazioni al capitale di qualche entità giuridica, o quote di fondi d’investimento” (approfondimento fiscale su BeBeez).
A promuovere ICOs sono stati comunque anche alcuni italiani, sebbene in Italia non sia possibile basare una ICO e quindi ci si debba appoggiare ad altre giurisdizioni. La prima ICO italiana chiusa è stata quella di AidCoin, la criptovaluta italiana della beneficenza, ideata dai fondatori della piattaforma benefica CharityStars e costruita sulla blockchain Ethereum, che ha raccolto a inizio anno ben 18,6 milioni di dollari. L’idea dei fondatori di CharityStars (piattaforma che propone all’asta oggetti e incontri con personaggi famosi per beneficenza, finanziata da 360 Capital Partners, Rancilio Cube e business angel, compresi quelli del network IAG) è quella di applicare i vantaggi delle criptovalute e, soprattutto, della tecnologia blockchain per fini che ben si adattano alle esigenze di chi fa donazione benefiche, ovvero trasparenza e tracciabilità. L’AidCoin, oggi è liberamente scambiabile sull’exchange BitFinex. A inizio settembre il WWF Italia (World Wildlife Fund) ha siglato una partnership con la piattaforma italiana AIDchain per ampliare la community di sostenitori, dando loro la possibilità di donare in 23 diverse criptovalute e connettersi così ad un ecosistema di servizi appositamente sviluppati per rafforzare il terzo settore attraverso la trasparenza, la tracciabilità e la fiducia, utilizzando la tecnologia blockchain. E per le donazioni, la piattaforma si avvale proprio del token AidCoin.
Tra le maggiori ICOs lanciate da italiane di cui si ha notizia sono poi state anche:
- Eidoo di Natale Ferrara e Thomas Bertani, che ha raccolto 28 milioni di dollari per creare una piattaforma per la gestione dell’intera filiera delle criptovalute e quindi per raccogliere capitali, comprare merci e servizi, trasferire e scambiare.
- Friendz di Alessandro Cadoni, Cecilia Nostro e Daniele Scaglia, che ha raccolto 25 milioni di dollari per sviluppare l’omonima piattaforma, già funzionante prima della ICO, che permette a chi usa i social media di essere pagato dai grandi brand, e viceversa permette alle grandi aziende di promuovere i propri prodotti in modo diretto.
- Xriba di Gianluca Massini Rosati, che ha lanciato un software di intelligenza artificiale in grado di trasferire direttamente al sistema di contabilità aziendale anche gli scontrini più piccoli in una frazione del tempo tradizionalmente necessario. Il tutto utilizzando la tecnologia blockchain per caricare i dati. L’ICO si è chiusa a luglio con 13 milioni di dollari di raccolta.
- RoBet, fondata da Edoardo Narduzzi (startupper seriale nel mondo digitale) e Alessandro Lentini (anche lui cofounder di varie startup), che ha raccolto diversi milioni di euro nella nuova criptovaluta RAC. RoBet è il primo exchange di criptovalute che offre anche scommesse sportive. La piattaforma consente agli utenti la possibilità di sperimentare un’originale esperienza di gioco, guadagnare nel mondo delle criptovalute migliorando allo stesso tempo la propria strategia di scommessa..
- E in arrivo ora l’iniziativa della Juventus FC, che ha imitato il Paris Saint Germain siglando un accordo con Socios.com (piattaforma di fan engagement controllato dalla maltese ChiliZ) per sviluppare un proprio fan token. In questo caso più che di Initial Coin Offering si parla Fan Token Offering (FTO).
A proposito di Credimi
Nata con la missione di rendere l'accesso al credito alle aziende semplice e veloce, Credimi è oggi la fintech leader dei finanziamenti digitali in Europa.