La finanza alternativa e digitale rappresenta un potente acceleratore della crescita, e sta concretamente supportando i responsabili finanziari nel reperimento delle risorse finanziarie più adatte alle esigenze aziendali.
Minibond, AIM, Spac, PIR, Fintech sono sigle oggi familiari a CFO e Tesorieri, ma solo pochi mesi fa non esistevano o erano dedicate a un ristretto numero di imprese.
Come funzionano le Spac
Oggi parliamo di Spac, acronimo per Special Purpose Acquisition Company; sono sostanzialmente delle scatole piene di denaro quotate su un mercato regolamentato oppure no (come per esempio l’Aim Italia, che è organizzato da Borsa Italiana, ma non vigilato da Consob), con l’obiettivo di individuare una società non quotata nella quale investire, in minoranza o maggioranza.
Non solo. Il vero obiettivo è portare in Borsa questa società target dell’investimento e quindi si parla di “business combination”, cioè di integrazione delle due società, con la target che si fonde nella Spac e che quindi si ritrova in automatico quotata. Contemporaneamente di solito la Spac cambia nome in quello della società acquisita.
Insomma, si tratta di ingegneria finanziaria con un risvolto molto pratico, perché sono strutture in grado di convogliare denaro fresco sull’economia reale, denaro che appartiene a investitori professionali o istituzionali. In particolare, ultimamente hanno attratto le attenzioni dei Pir, i Piani individuali di risparmio, alla ricerca di un impiego che giustifichi la loro classificazione di investitori di lungo periodo nell’economia reale, senza per questo rinunciare alla liquidità del loro investimento.
I numeri delle Spac
Secondo il database di BeBeez, in totale le Spac o i veicoli simili (cosiddette pre-booking company) dedicate al mercato italiano, hanno raccolto a oggi poco meno di 3,6 miliardi di euro dal 2011, cioè da quando per prima è stata quotata al segmento Miv di Piazza Affari la Spac di diritto lussemburghese Italy 1 Investments. In totale queste Spac hanno investito sinora 980 milioni di euro in 12 aziende che sono oggi quotate a Piazza Affari (tra questi anche alcuni nomi noti come Fila, il noto gruppo produttore di matite colorate, oppure Avio, il gruppo aerospaziale partecipato da Leonardo, ex Finmeccanica), mentre ci sono ancora oltre 2,6 miliardi di euro da investire, di cui circa 300 milioni già potenzialmente allocati nelle tre business combination (cioè acquisizioni e fusioni) appena annunciate, con quindi le società target che, se tutto andrà secondo i piani dei promotori, andranno in quotazione all’Aim Italia nei prossimi mesi.
Il database di BeBeez, considera sia i veicoli di diritto italiano sia quelli di diritto estero e comprende tanto le Spac tradizionali, che vengono quotate in borsa una volta raccolti i capitali, sia appunto le pre-booking company, cioè i veicoli di investimento non quotati che raccolgono capitali per investire in aziende in fase di pre-ipo e poi portano quelle stesse aziende in quotazione.
Da inizio 2011, sono stati 26 i veicoli di investimento costituiti con l’obiettivo di raccogliere capitali dagli investitori, individuare un possibile target di investimento e poi portarlo in quotazione in borsa. Di questi, 23 sono Spac tradizionali, due sono pre-booking company e uno è un fondo chiuso con la missione di agire come anchor investor di una serie di Spac o simil-Spac promosse dagli stessi promotori del fondo.
Si tratta di denaro che in gran parte negli anni è andato a ingrandire la capitalizzazione dell’Aim Italia, visto che, solo con poche eccezioni, tutte le Spac in questione sono state quotate su questo mercato. Le eccezioni sono le quattro Spac promosse da Space Holding, tutte quotate sul segmento Miv di Borsa Italiana (per un totale raccolto di oltre 900 milioni) e la prima Spac quotata in assoluto a Borsa Italiana, cioè la Italy 1 Investments sa, anch’essa sul Miv. Ovviamente, poi, una volta condotta la business combination, le società target dell’acquisizione delle Spac, quando ce ne sono state le condizioni, si sono spostate su altri listini, riducendo di conseguenza la capitalizzazione dell’Aim Italia.
Tutto questo marchingegno delle Spac o simil-Spac viene architettato da un gruppo di promotori, che possono essere persone fisiche e/o giuridiche, i quali investono denaro proprio e cercano poi il grosso dei capitali presso investitori professionali o istituzionali. Inizialmente quello delle Spac è stato un lavoro da ex manager, banchieri, uomini del private equity. Ma oggi sta attraendo sempre più gli investitori istituzionali sia nella veste di promotori sia nella veste di investitori.
Essere promotori dell’iniziativa paga bene, perché alla business combination le azioni speciali della Spac in capo a loro vengono convertite in azioni ordinarie della nuova società quotata a un concambio vantaggioso. E lo stesso accadrà ogni volta che il prezzo delle azioni raggiungerà un certo prezzo e lo manterrà per un periodo prefissato. Il risultato? Che l’imprenditore fa meno fatica a quotarsi rispetto a un’ipotesi tradizionale di ipo e soprattutto non si deve preoccupare di scossoni improvvisi di mercato, ma anche che deve essere pronto a diluirsi un po’ di più di quanto non dovrebbe fare con un’ipo classica. Anche perché, oltre alle azioni speciali dei promotori, a diluire il capitale ci pensa anche l’esercizio dei warrant, che gli azionisti della Spac ottengono sia al momento dell’ipo sia alla business combination e che poi vengono via via esercitati nel corso degli anni successivi.
Detto questo, è vero che la diluizione avviene per gradi e soltanto se nel frattempo il valore dell’azienda è cresciuto. Per contro, i costi di un’ipo classica vanno sostenuti tutti comunque e subito, indipendentemente dal fatto che l’ipo abbia successo e che il valore dell’azienda poi cresca.
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